“Il cinema italiano è una industria che crea lavoro” – Intervista al Presidente Rutelli sul Sole 24 Ore

14/5/2024

IL SOLE 24 ORE. AL VIA IL FESTIVAL DI CANNES. RUTELLI (ANICA): IL CINEMA ITALIANO È UNA INDUSTRIA CHE CREA LAVORO
Intervista di Cristina Battocletti

 

Parte oggi, fino al 25 maggio, la 77esima edizione del festival del cinema di Cannes con una nutrita presenza italiana, tra cui Paolo Sorrentino, in gara con Parthenope e Valeria Golino, che terrà una masterclass e presenterà la sua nuova serie da regista L’arte della gioia con Jasmine Trinca. Molti i controlli attorno all’area dove si svolge il festival, che dal 2018 è impegnato nella lotta contro la Vhss (violenza e molestie sessiste e sessuali) durante la manifestazione istituendo un’unità di assistenza dedicata con una cellula di ascolto e sostegno, dopo le sconvolgenti rivelazioni del #MeToo.

Sulla Croisette ci sarà anche Anica, l’Associazione Nazionale Industrie Cinematografiche Audiovisive Digitali, che il 10 luglio festeggia gli 8o anni dalla sua fondazione. «Negli ultimi anni Anica ha più che raddoppiato il numero delle aziende associate» spiega Francesco Rutelli, presidente di Anica, «allargandosi dalle storiche rappresentanze di distributori, produttori e imprese tecniche – quelle che promuovono e realizzano tutte le attività e i servizi cinematografici, dai teatri di posa ai mezzi, alla post produzione al doppiaggio – agli streamer, agli esportatori, agli editori digitali, all’animazione, arrivando a contemplare oltre 200 aziende, tra piccole, medie e grandi imprese. Si arriva a comprendere così tutta la filiera che partecipa al business, di cui l’incasso in sala resta determinante, ma è il primo passo nel ciclo di sfruttamento delle opere, accanto alla fruizione sulle reti televisive, sulle piattaforme on demand e all’estero. Sotto il digital si comprendono anche i protagonisti della “Creators Economy”, circa una trentina di aziende che spingono ai massimi livelli la vocazione tecnologica del cinema attraverso creazioni digitali con una propria autonomia, visibilità e un pubblico immenso, raggiunto specialmente attraverso il web. Esplorano formati nuovi, anche brevissimi, e nuove modalità di scrittura e produzione – realtà virtuale, aumentata, mista – lavorano sui linguaggi, sulla costruzione del racconto, sull’esperienza che si trasforma da lineare in immersiva e transmediale. La tecnologia attuale (IA inclusa) dà vita a nuove forme di espressione, sia sotto il profilo artistico, sia sotto l’ampliamento dell’offerta di storie, coltivando la connessione con le generazioni native digitali», dice Rutelli.

Secondo un’analisi diretta da Andrea Montanino, Chief Economist di Cdp, elaborata con economisti provenienti da Confindustria su dati Istat, si è evidenziato l’impatto della filiera cineaudiovisiva sull’economia e sulla capacità di creare occupazione in Italia: il cinema funge da moltiplicatore sull’economia, come hanno capito molte Regioni che hanno sviluppato le film commission. Con le regole finora praticate, secondo le stime di Cassa Depositi e Prestiti, per ogni 100 milioni di euro di maggiore domanda di produzione audiovisiva in Italia si genera un numero di occupati addizionali nell’economia nazionale pari mediamente a 2.281. L’impatto è superiore al Sud e nelle Isole (3.163). Il dato di 3,54 euro per ogni euro investito è la sintesi di questa ampia penetrazione.

Siamo però a maggio e il tax credit non è ancora stato confermato. «Il Governo ha confermato positivamente il Fondo per gli investimenti nel cinema e audiovisivo. E ha ben diritto di fornire indirizzi nuovi. Ma è troppo lento. Risulta che ad oggi gli investimenti siano 2/3 in meno di quelli dello stesso periodo dell’anno scorso. Le regole per il 2024 avrebbero dovuto essere conosciute al più tardi nell’autunno del ’23. Sono andate avanti solo le produzioni già coperte da tempo. L’incertezza ferma le attività, scoraggia gli investimenti, favorisce la concorrenza, soprattutto quella sleale, che non applica tutele sindacali e lavorano nel sommerso».

È stato contestato che una buona parte dei film finanziati dal tax credit non abbia alcun riscontro in sala. «Le polemiche sul tax credit sono state faziose. Da ministro della cultura ho voluto fortemente il tax credit nel 2oo7 per mettere fine all’incomprensione della differenza tra il cinema, che è un’industria, e altri settori culturali che vivono solo del sostegno pubblico, e guai se non fosse così, come il teatro, la danza, l’opera. È servito a far uscire il cinema dalla dinamica del finanziamento amicale, a far affermare esordienti.

Parliamo di una grandezza di 700 milioni divisa in tutta un serie di attività, con strumenti di sostegno pubblico che derivano dal gettito fiscale del settore e integrano le risorse che scaturiscono dal mercato: contratti con i broadcaster, gli streamer, la sala, per reggere una concorrenza internazionale crescente. L’entità dei finanziamenti pubblici in Francia – e altre nazioni – è inarrivabile. I Pinewood Studios di Londra propongono sconti fiscali del 40%, in Spagna hanno creato studi apposta per Netflix che lì ha girato, dopo La casa di carta, molti prodotti. In America solo lo Stato della Georgia ha messo in campo dal 2015 al ’25 più risorse dell’Italia per incentivare l’arrivo delle produzioni. Noi dobbiamo pensare a quanto possa influire il cinema indirettamente. Come sul turismo: in Sicilia grazie alla serie White Lotus o nell’intero Paese con film e serie quali Mission: Impossible o Ripley». Cinecittà sta però allargando gli studios. «Con l’ad Nicola Maccanico c’è un netto miglioramento in termini di risultati di bilancio e attrazione internazionale e c’è la determinazione del governo di intervenire con il Pnrr e potenziare l’offerta».

Il nodo è capire come incoraggiare le nuove leve e la sperimentazione senza fare assistenzialismo a progetti che non lo meritano. «Bisogna osare, uscire da certa convenzionalità nelle commedie, con stereotipi che hanno stancato. Penso a una coppia, come Paola Cortellesi e Riccardo Milani, che rinnovando questo genere hanno fatto incassare 37 milioni di euro con C’è ancora domani e 7 milioni con Un mondo a parte».

 

 

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