Il presidente dell’ANICA Francesco Rutelli su La Repubblica: “Il cinema italiano non morirà”

di Silvia Fumarola

Sul futuro del cinema italiano, il presidente dell’Anica Francesco Rutelli è ottimista. «Il decreto legge è stato approvato al Senato, ora guardiamo avanti». Rieletto a luglio per il prossimo triennio alla guida dell’associazione delle industrie del cinema, l’ex ministro dei Beni culturali, 65 anni, nonostante la crisi e il potere delle piattaforme, è fiducioso. Intanto lo sciopero delle troupe paralizza i set: l’Associazione dei produttori audiovisivi e esecutivi con l’Anica resta in attesa «di un segnale conforme alle regole» per trattare. «Spero» dice Rutelli «che si trovi presto la soluzione».

I dati del cinema cosa dicono? Il box office in Italia ha superato gli incassi del 2017 (dopo aver cumulato già un vantaggio di 30 milioni sul 2018). Grazie a tutta la filiera (distributori, esercenti, major Usa, produttori) per un’estate con una buona programmazione nelle sale, finalmente invertiamo la tendenza negativa degli ultimi anni».

Il decreto legge sulla Cultura è stato approvato al Senato. «È il risultato di un lungo lavoro di confronto. Ci vogliono regole per Netflix e le grandi piattaforme, la nostra industria ha bisogno di certezze. Bisogna sapere almeno l’anno prima di quali strumenti si disporrà – penso al tax credit – per programmare gli investimenti. Cinema significa cultura e lavoro».

Come si sostiene l’industria? «Non c’è mai stata tanta domanda di contenuti originali. Il settore va bene e crea posti di lavoro. Ma occorre una forte dimensione industriale e qui siamo a rischio, perché siamo più deboli di fronte alle enormi concentrazioni globali.

Perché è importante finanziare il settore? «È cruciale. Due piccoli stati americani, Alabama e Georgia, l’anno scorso hanno investito più del doppio di noi per attirare investimenti e creare lavoro. Il presidente Macron ha annunciato per l’autunno un fondo di 215 milioni di euro destinato alle imprese per fare shopping sui mercati. L’audiovisivo è strategico».

Le sale soffrono per lo streaming. Come si corre ai ripari? «La crisi economica influisce sulla vendita dei biglietti, ma l’esperienza della sala resta centrale. I 93 milioni di ingressi sono significativi, dieci volte in più rispetto agli stadi. Le sale ospitano gli eventi: se George Clooney presenta Catch 22 lo fa al cinema. Le sale vanno modernizzate per diventare il luogo dove seguire la prima della Scala, i grandi concerti o la partita della tua squadra se non gioca in casa. Il modello è l’Anteo di Milano, spazio multifunzionale e culturale di successo».

Gli stranieri amano il cinema italiano, noi non coltiviamo la memoria. «I nostri autori sono studiati all’estero, spero che in Italia nel 2020 si moltiplichino le iniziative per il centanario della nascita di Fellini e Sordi. Il nostro cinema è vivo. Lo dimostra il programma della Mostra di Venezia che potrebbe essere il miglior festival internazionale dell’anno grazie all’autonomia della Biennale e del direttore Alberto Barbera. Lì non comandano nè il governo nè l’industria, come si addice a una grande istituzione».

La Repubblica – 9 agosto 2019

 

 

 

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