17/9/2025
«Siamo a metà settembre e solo un paio di contratti del piano editoriale 2025 sono stati firmati». Con queste parole l’associazione dei produttori italiani di animazione, Cartoon Italia aderente all’ANICA, ha scritto all’ amministratore delegato della RAI, Giampaolo Rossi, sollecitando un intervento immediato.
Il comparto denuncia infatti una situazione di stallo che sta bloccando l’intero settore.
La quota di investimento RAI raramente supera il 30% del budget di una serie animata, ma è determinante: sia per confermare l’impegno dei partner esteri, sia per accedere al credito d’imposta nazionale. Senza i contratti RAI, quindi, le produzioni restano ferme e alcune migliaia di professionisti, in gran parte giovani, senza lavoro.
«Oltre a rappresentare un danno che rischia di diventare irreversibile per il settore, visto che mancano poco più di tre mesi alla fine dell’anno, questa situazione – spiega la presidente di Cartoon Italia, Maria Carolina Terzi – può avere un impatto negativo anche sulla stessa RAI, per il mancato rispetto degli obblighi di legge sugli investimenti in animazione».
Per legge, la RAI è infatti obbligata a destinare ogni anno almeno lo 0,7% dei suoi ricavi alla produzione di animazione italiana. Questo anche per garantire un’offerta di prodotto nazionale alle nuove generazioni da parte del servizio pubblico.
“L’animazione italiana non è solo industria: è cultura, identità, diplomazia – ricorda il presidente dell’ANICA Alessandro Usai – I personaggi dei nostri cartoni sono ambasciatori nel mondo”. Lo ha ricordato di recente anche il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, citando la Pimpa durante un incontro con bambini palestinesi.
«Non è mai troppo tardi», titolava il celebre programma RAI. Ma oggi – per l’animazione italiana – il rischio è che lo sia davvero.